a cura di Armando Pepe e Mario Martini
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Introduzione (di Armando Pepe)
Piedimonte nel secondo dopoguerra
La Seconda guerra mondiale stava per avviarsi a conclusione. Miserie materiali e morali impregnavano l’intera Italia, massime nelle zone interne ed isolate, a lungo depotenziate dalla geografia dei luoghi, come il Matese. In quei cupi frangenti apparve a Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese) il tenace e combattivo sacerdote carpigiano Don Zeno Saltini, per una combinazione favorita da Don Espedito Grillo, parroco della chiesa matrice di Ave Gratia Plena. Gli offrì il destro Giovanni Caso, medico e docente universitario, esponente politico della Democrazia Cristiana, distante da una neghittosità adiafora, che di sovente le classi abbienti avevano mostrato nei confronti del popolo. Il professor Caso, in poche parole, incarnava i sentimenti e gli insegnamenti profusi da Don Giacomo Vitale, che continuava ad essere nella diocesi alifana il vero motore polivalente della dottrina sociale della Chiesa, fedele fino agli ultimi respiri all’eredità immateriale trasmessagli da Giuseppe Toniolo, venerato maestro. Secondo i propositi di Don Vitale, condivisi fermamente dalla parte più avanzata del clero locale, la Chiesa, o per intercessione o in prima persona, doveva stare al fianco dei lavoratori salariati, degli artigiani, dei carbonai, di chi viveva alla giornata. Erano tempi in cui, sia pure la società era devastata dall’immane conflitto e dal continuo scontro ideologico, si cercava la speranza, per fecondare opere di bene. Si pensava al futuro, confidando che ormai il peggio fosse alle spalle. Don Zeno Saltini, fautore di un ideale che propugnava il cattolicesimo comunitario, che ricalcasse le origini del cristianesimo, in una lunga e densa intervista, resa nei modi del linguaggio parlato, pubblicata postuma, ricordò le circostanze del proprio arrivo a Piedimonte: «Mentre ero a Pompei, fui chiamato da un vescovo a parlare nel duomo di una cittadina in provincia di Caserta: Piedimonte d’Alife. Io gli ho detto: vengo, ma a patto che possa dire le mie idee liberamente. “Venga pure, venga pure, ho piacere”, dice il vescovo. Dovevo fare nove discorsi in duomo, alla sera. E io ho cominciato a parlare della giustizia, la giustizia, la giustizia. Il duomo era sempre pieno per tutta la novena e io ho sempre parlato della giustizia in tutti i rapporti sociali. Tutti i baroni del paese vanno dal vescovo a lamentarsi: “Sto prete ha sempre parlato della giustizia; è la novena della Madonna e mai ha fatto il nome di Maria. Nove sere sempre di giustizia”. Allora viene da me una commissione e mi dice: “Abbia la bontà di non parlare più di giustizia; veda se può parlare di un altro argomento”. “Di quale” faccio io? “Per esempio dell’amore” mi rispondono. “Perbacco, volentieri. Anzi, va bene” replico soddisfatto. C’era la festa di chiusura della novena e io dovevo fare il discorso con grande solennità. Allora vado a fare il discorso. E comincio: “Oggi cambierò argomento: vi parlerò dell’amore. Io non mi sono mai azzardato a parlare dell’amore in questa cittadina perché è un discorso troppo forte, mentre la giustizia, insomma. Per esempio, la giustizia: tu hai due paia di scarpe, ne dai uno a quello là che è senza e uno lo tieni per te. Hai due vestiti: uno lo tieni per te e l’altro lo dai. Hai due appartamenti: uno lo dai a quello che non l’ha e uno lo tieni per te. Questa sarebbe la giustizia: dai, ma non ti spogli, insomma”, e tutti ascoltavano. “A me la giustizia pareva più adatta per voi, che già reagite a chi ve ne parla. Comunque, se volete, vi parlo dell’amore. Adesso vi dico subito com’è: hai due paia di scarpe, si presentano due che ne sono senza, le dai a loro e rimani scalzo te; hai due cappelli: via tutt’e due a questo e a quello là; due maglie, via, a questo e a quello là; hai due case, vai fuori di casa a dormire sotto una pianta, dai una casa all’uno e una casa all’altro”. Sicché ho fatto un discorso che ha fatto odiare in un modo crudele l’amore di Cristo. Dicevano: “Roba dell’altro mondo”, e io: “Questo è Gesù Cristo”. Si sono morsi la bocca, la lingua, i denti, tutto, per avermi chiamato”» (Zeno: un’intervista, una vita. Don Zeno Saltini racconta la sua vita e quella di Nomadelfia, pp. 158-159). L’apologo, interpretato con schietto accento emiliano e suggestiva prossemica, fu non solo disarmante, ma addirittura esplosivo, poiché sbaragliò i benpensanti, le anime candide, i reazionari, gettando invece semi che presto sarebbero germogliati in rigogliosi frutti. A parziale rettifica di quanto affermato da Don Zeno, va precisato che il vescovo cui si riferiva era monsignor Luigi Noviello e che il luogo della novena non era il duomo, dato che la chiesa principale o duomo della diocesi si trova in Alife, ma la chiesa di Ave Gratia Plena in Vallata, di cui, come sappiamo, era parroco Don Espedito Grillo, il quale anche nell’immediato periodo postbellico si spendeva senza risparmio in un serrato dialogo con monsignor Ferdinando Baldelli, fondatore assieme a papa Pio XII della Pontificia Opera Assistenza (meglio conosciuta come POA) per alleviare le sofferenze degli indigenti. Il 24 novembre 1947 da Piedimonte scriveva Don Grillo, perorando le proprie ragioni: «Illustrissimo e reverendissimo Monsignor Baldelli, cuore d’Italia. Mi sia permesso di rivolgere a Lei una preghiera, che scaturisce dal più profondo del cuore. Da due anni, praticamente, qui ci troviamo senza il Vescovo. L’attuale Monsignor Amministratore, con le sue singolari doti di mente e di cuore, e con volontà e sacrifizio, non potrà riuscire a far fronte ai mille bisogni della Diocesi. Nel campo religioso, come in quello caritativo, sociale, politico, in vista delle lotte ideologiche molto accentuate nella zona, con un clero scarso, povero e diviso, noi sentiamo l’urgente bisogno di un nostro Pastore. Vorrei pregarla quindi di interporre i suoi buoni uffici perché l’umile mia supplica di veder subito terminata la vedovanza della Diocesi alifana, vada negli uffici competenti. Il Prof. Onorevole Caso potrà offrire a Lei particolari notizie al riguardo. Mi perdoni dell’ardire! Solo lo zelo per la Chiesa mi spinge a far ciò. Mi consideri il più umile e povero dei suoi servi. Bacio la mano, devotissimo parroco Espedito Grillo» (Archivio Apostolico Vaticano, Pont. Opera Ass., 510, fascicolo 3 “Diocesi di Alife”). L’esplicita allusione di Don Grillo all’Onorevole Caso non era affatto estemporanea, ma rispondeva a tangibili prove di sostenuto impegno, quotidianamente appalesato, da parte di quest’ultimo.
Per un ritratto di Giovanni Caso
Se si eccettuano circoscritte e limitate ricostruzioni aneddotiche, sia pure interessanti, la biografia completa di Giovanni Caso è ancora tutta da scrivere; fu un serio uomo di scienza, filantropo per davvero, che declinò i precetti paterni e dei propri mentori a fin di bene, sempre. Si potrebbe obiettare che durante il lungo viaggio attraverso il fascismo, Caso non fu immune al richiamo delle sirene, anche per intraprendere un’agognata e meritata carriera universitaria. In una pubblicazione risalente al 1929, edita a Napoli da Idelson, il giovane accademico scriveva: «Il Fascismo che ha dato un’impronta indelebile a dieci anni della vita pubblica italiana e che trae le sue origini dalle battaglie e dalle lotte superbe per l’intervento nel conflitto mondiale, vive oggi in pieno la realtà delle opere concrete che il Capo ed i suoi collaboratori sono venute elaborando» (Dal sindacato di classe allo stato corporativo. La cooperazione nell’economia corporativa, p. 15). Certamente non fu, quella di Giovanni Caso, una deriva fascista, poiché egli fece, per nicodemismo, consueto all’epoca, di necessità virtù, tenendo fede ai moniti di Don Vitale. Bisogna d’altronde ricordare che, poco dopo il 1920, gli stessi fascisti, quando apertamente Giovanni Caso apparteneva al Partito popolare italiano, gli misero una bomba carta presso la sua abitazione di San Gregorio d’Alife (oggi San Gregorio Matese). La transizione fu lenta, ma alla fine, Giovanni Caso ritornò ai precordi, ad essere innervato da quelle passioni primigenie che lo avevano mosso. In un corposo volume, dato alle stampe a Napoli nel 1957, l’illustre medico raccolse il proprio pensiero, sostenendo che «Assistenza sociale vuol dire soprattutto assistenza sanitaria e non è possibile fare della sana assistenza sanitaria senza ricorrere alla medicina integrale nella sua diagnostica e soprattutto nella sua azione terapeutica. Dunque, medicina ed assistenza sociale sono i limiti e la cornice del quadro nel quale devono entrare gli individui perché, dall’età prenatale alla vecchiezza, siano valutati e sostenuti in tutte le deficienze organiche e in tutte le tappe del loro mestiere e della loro vita, in base al principio del maggiore e migliore rendimento delle attività fisiologiche col rispetto della salute del singolo» (Itinerari sociali, p. 252). Non volendo indulgere ancora alla memorialistica, in questa sede si prenderà in esame fresca e nuova documentazione, prodotta dall’attività politica di breve ma intenso corso di Giovanni Caso che fu, eletto nel collegio Napoli-Caserta, padre costituente assieme ad Aldo Moro, Giulio Andreotti ed Emilio Colombo, e dipoi senatore della Repubblica, con suffragi ottenuti nel collegio Piedimonte-Sessa Aurunca, fino al 1953. Il suo posto non poteva non essere che nella Democrazia Cristiana. Dalla scheda biografica, depositata presso l’Archivio storico del Senato, si viene a sapere che Giovanni Caso era nato a Piedimonte d’Alife il 10 dicembre 1896 da Vincenzo e Concetta D’Agnese, e che professionalmente svolgeva l’attività di assistente ordinario presso la cattedra di medicina de lavoro all’Università di Napoli, che nei decenni successivi assunse il nome di Federico II. Ci teneva ad essere presente nei lavori d’aula, per portare avanti le proprie istanze, le intenzioni maturate dalla coscienza e dalla conoscenza di cose reali, con sano pragmatismo conciliato ad una visione di vita totalizzante, intrisa profondamente dei valori cattolici in cui era cresciuto. Il 10 febbraio 1949, da Piedimonte Giovanni Caso informava il segretario generale del Senato, l’avvocato Domenico Galante, che: «Il progetto di legge per la valorizzazione turistico-alberghiera ed industriale della provincia di Caserta, per avere il suo corso, deve essere preventivamente presentato alla presidenza del Senato, ma le copie di tale progetto, da me preparato, sono state ordinate alla tipografia del Senato, in via assolutamente privata e personale, in quanto, prima ancora di presentare formalmente il progetto in parola alla presidenza, è mio intendimento discuterlo con gli amici della provincia. Si compiaccia, pertanto, far dare corso all’ordinativo passato al dottor Bardi, al quale sollecito anche l’invio delle 500 copie dei miei discorsi (uniti) tenuti al Senato il 25 e il 19 ottobre 1948, le cui bozze sono state già da me corrette e rinviate alla tipografia con il “si stampi” da oltre 20 giorni. La ringrazio e cordialmente la saluto. Il dottor Galante, con proverbiale tempismo, risolse immantinente il disguido. Il 21 novembre 1949, impedito per momentanea indisposizione, Giovanni Caso comunicava per iscritto al presidente del Senato Ivanoe Bonomi che: «Devono essere discusse alcune interrogazioni da me firmate ed un progetto di legge di mia iniziativa: “Rivendicazione delle tenute Mastrati e Torcino e delle montagne boschive Cupamazza, Castellone e Santa Lucia da parte dei comuni di Ciorlano e Pratella”. Siccome sono infermo a letto, con febbre, prego di voler rinviare l’iscrizione all’ordine del giorno dei detti argomenti perché io possa essere presente. Frattanto chieggo, da oggi, 12 giorni di congedo. Ringrazio e saluto distintamente». Di rimando, il 24 novembre 1949, rispondeva da Roma il presidente Bonomi: «Onorevole Collega, mi è pervenuta oggi la Sua lettera del 21 corrente ed ho comunicato al Senato la sua richiesta di congedo; non saranno iscritte all’ordine del giorno le Sue interrogazioni. Quanto al progetto di legge per la rivendicazione delle tenute Mastrati, etc., che trovasi sempre iscritto all’ordine del giorno, la Sua assenza non può costituire impedimento alla eventuale discussione, che deve essere sostenuta, come per tutte le proposte di legge, dalla Commissione che l’ha esaminata e per essa dal relatore. Ritengo che per vari giorni ancora ne se ne parlerà. Le auguro pronta guarigione e la saluto». Per quanto attiene alla vita privata e coniugale, incidentalmente è opportuno sapere che Giovanni Caso era sposato con la signora Maria Masella ed aveva due figlie, allora piccolissime, Maria Luisa e Concetta Vittoria. Oltre ai pressanti impegni familiari, professionali e parlamentari, il prestigioso clinico piedimontese voleva, intimamente convinto, che la teoria predicata da Don Zeno diventasse prassi consolidata, all’unico scopo di fare del bene. Mettere gli altrui bisogni davanti ai propri, farsi carico delle sofferenze appenanti e delle incombenze delle persone, ciò era la politica per Giovanni Caso che, purtroppo, interrotta involontariamente l’esperienza parlamentare, sarebbe morto drammaticamente a Piedimonte durante l’ultimo comizio presso il Teatro Mascagni nel 1958. I due protagonisti, Giovanni Caso e Don Zeno Saltini, ad ogni modo, costituirono un binomio inscindibile, come testimonia il seguente carteggio, cha va dal 1944 al 1951.
Il carteggio tra Giovanni Caso e Don Zeno Saltini (1944-1951)
(Trascrizione di Mario Martini, revisione dei testi e nota introduttiva di Armando Pepe)
Nell’archivio di Nomadelfia, villaggio nel territorio comunale di Grosseto, sono conservate ventotto lettere inviate da Giovanni Caso a Don Zeno Saltini e ai suoi collaboratori, in cui si parla di tutto. Entrambi ventilavano l’ipotesi di costruire vicino a Piedimonte un centro residenziale per ospitare donne e uomini, ragazze e ragazzi aggregatasi attorno a Don Zeno. Dileguandosi l’aspettativa di stabilizzare l’associazione fraternale, il professore Caso si rivolse ai Salesiani, che nel 1954 fondarono la comunità salesiana di Piedimonte d’Alife, dove, previo permesso del Rettor Maggiore, nacquero e prosperarono un oratorio, un orfanotrofio e una scuola. La comunità salesiana, progressivamente ridottasi, chiuse definitivamente nel 1996.
1944
1. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. La speranza di costruire qualcosa di concreto a Piedimonte si faceva strada, grazie alla divina Provvidenza.
Prof. Dott. Giovanni Caso
Docente di Patologia e Clinica del Lavoro
presso la Regia Università di Napoli
Piedimonte d’Alife, li 22/9/ 1944
Mio caro Don Zeno,
grazie del ricordo trasmessomi dal piccolo apostolo soldato Livio Lanternari. Anche io ti ricordo sempre col solito affetto e attendo con ansia la promessa visita. Durante la tua assenza ho coltivato e seguito alla meglio le tue idee apostoliche. Oltre al lavoro spirituale organizzativo sociale e politico dei cattolici, sono riuscito in segreto a raccogliere una piccola somma per aiutare qualche piccolo apostolo che ti saluta in calce a questa lettera. Abbiamo anche iniziato a mettere le mani di una scuola di arti e mestieri come da te consigliata e disponiamo già di 3000 mq. di suolo. Vedo in ciò un disegno della Provvidenza. Mi auguro che presto tu possa aiutarci; occorrono vari milioni per la costruzione della scuola ed io desidero che il denaro ci venga per donazioni finché è possibile. Vieni al più presto e, se non mi trovi a Piedimonte, raggiungimi a San Gregorio, ove mi reco da domani per una decina di giorni e dove mi vedrò col soldato Livio, che risiede a Castello. In attesa ti bacio la mano e ti abbraccio con affetto
Tuo affezionato Giovanni Caso
P. S. Ringrazio, a mezzo vostro, la Divina Provvidenza. Iddio vi conceda salute e grazie nella grande spesa. Il vostro devoto “Piccolo Apostolo” Eugenio Paumgardhen.
2. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Fervono i lavori per edificare il primo nucleo di quella che sarà l’Opera dei Piccoli Apostoli.
Prof. Dott. Giovanni Caso
Docente di Patologia e Clinica del Lavoro
presso la Regia Università e il Regio Policlinico di Napoli
Piedimonte d’Alife, li 6 ottobre 1944
Caro Don Zeno,
Ti riscrivo, dopo averti inviata altra lettera a mezzo del Colonnello Cutillo pochi giorni or sono. Ti presento l’amico [Salvatore] Altobelli, che ti spiegherà la nostra opera e al quale puoi affidare tue notizie che desiderosamente attende. Mi vedo spesso col piccolo apostolo, soldato Livio Lanternari, e ti ricordiamo, aspettando il tuo arrivo. Fammi sapere se la Scuola di Arti e Mestieri, che faticosamente sorge a Piedimonte, nell’ambiente della solita incomprensione e del più assoluto egoismo, si svilupperà e consigliami come tu solo puoi, ispirato dal Signore. È già stabilito che funzionerà sotto il titolo e gli auspici della tua “Opera Piccoli Apostoli”, di conseguenza dovrà prosperare. Ti pare? In attesa, ti ringrazio anticipatamente e ti abbraccio, affezionato Giovanni Caso.
3. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Il professor Giovanni Caso si interessa delle sorti dei più umili e, allo stesso tempo, raccomanda premurosamente Gino Mattera perché trovi un alloggio confacente a Roma.
Prof. Dott. Giovanni Caso
Docente di Patologia e Clinica del Lavoro
presso la Regia Università e il Regio Policlinico di Napoli
Piedimonte, li 14/10/1944
Carissimo Don Zeno,
a mezzo del mio amico Conte Antonio Gaetani ti rinnovo il mio cordiale ricordo e ti prego di rispondere alle mie due precedenti lettere. Ci tengo che la Scuola di Arti e Mestieri sorga a Piedimonte sotto gli auspici della Tua grande Opera di Carità. L’importo complessivo della spesa ammonta a dodici milioni di lire, ma il progetto si può attuare anche a padiglioni per una spesa parziale, e graduata, di due o tre milioni per volta. Nel parlare di milioni ti assicuro che ho una certa esitanza, non essendovi abituato, ma con te che hai larghezza di vedute e che sei illuminato dal Signore ne posso parlare, sicuro che essi verranno a Te senza lo sforzo di doverli insistentemente ricercare. Noi qui abbiamo il suolo edificatorio in mq. 3000 e due locali provvisori per far funzionare la Scuola, con l’officina meccanica, la scuola di cultura generale, di religione, di disegno e musicale, in attesa che si costruiscano i locali ex novo. Profitto di questa lettera per chiederti un favore: un carissimo mio giovane, il sig. Gino Mattera, deve venire a Roma per frequentare la facoltà di ingegneria e contemporaneamente una buona scuola di canto, essendo egli fornito di quel prezioso dono di natura che è la cosiddetta ugola d’oro. Per salvaguardare le sue finanze egli vorrebbe dare lezioni di matematica in un istituto religioso, compensato del vitto e dell’alloggio e, col sussidio paterno, provvedere allo studio del canto. Te lo raccomando come uno dei tanti figliuoli spirituali che tu hai sparsi per l’Italia. Grazie di tutto cuore, in attesa di vederti presto, come mi ha assicurato il piccolo apostolo Livio Lanternari. Benedici da lontano la nostra fatica ed anche quella del cav. Nicola Mattera, padre del giovane raccomandato (uno dei più attivi collaboratori della Scuola) e ricordati di me, come io faccio altrettanto. Un caro abbraccio tuo affezionato Giovanni Caso
4. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Lettera per presentare Salvatore Altobelli, uno dei più dinamici Piccoli Apostoli piedimontesi.
Azione Cattolica Italiana
Diocesi di Alife
Scuola di Arti e Mestieri
Piedimonte, Via San Rocco 33
Piedimonte, li 7/11/1944
Mio caro Don Zeno,
dopo tre lettere che ti ho scritto senza risposta spero di essere questa volta più fortunato. Ti presento il piccolo apostolo Salvatore Altobelli che ti spiegherà la nostra iniziativa che in fondo ci è stata suggerita dal tuo esempio. Grazie di quanto farai per noi e fraterni saluti, tuo Giovanni Caso
P. S. Ti raccomando ciò che ti scrissi per il giovane Gino Mattera.
5. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Copia di una lettera inviata all’Ordine dei Frati Minori Conventuali in Napoli al fine di perorare il passaggio del convento piedimontese dalla provincia monastica beneventana a quella napoletana.
Per la rinascita del celebre Convento e Santuario di S. Maria Occorrevole in Piedimonte d’Alife.
Piedimonte d’Alife, li 5 dicembre 1944
Si parla di rinascita perché il Convento è come se fosse morto al culto, alla tradizione secolare del popolo e all’arte edilizia. Lo stato di abbandono è legato al passaggio della gloriosa istituzione dalla Provincia originaria di Napoli a quella di Benevento, indubbiamente aggravato dallo stato di guerra. Il pubblico indigeno e quello numerosissimo dei pellegrini che da ogni parte della Campania e del Molise vi affluivano per onorarvi la miracolosa immagine di Maria Santissima della Purità, chiede il ripristino della tradizione, che, ricollegandosi alla vita, all’apostolato, alle opere, alla santità del fondatore San Giovan Giuseppe della Croce, vive tuttora spiritualmente profonda in queste contrade, ma contrastante col grave silenzio ammonitore di diecine di vani deserti, un giorno usi allo studio, alla preghiera ed alla preparazione del noviziato. È diffuso dappertutto quel senso di stupore e di rammarico che turba le anime nei loro rapporti con le cose amate, specie se palpitanti di storia e di santità, e che ha gravi ripercussioni nella fede. Tutto parla del Santo e la sua statuetta, al centro della fontana e della piazzetta d’ingresso al convento, ammonisce i passanti all’immediata riparazione. Il convento ed il santuario sono un’opera pregevole del Quattrocento; e così pure il conventino, e l’annesso bosco della Solitudine, sono in balia delle intemperie e di uomini inconsapevoli che li deturpano con mano sacrilega. Occorre un intervento d’urgenza per la salvaguardia edilizia e per ripristinare il noviziato che solo potrà riuscire a rianimare la Regola, forte dell’ultima ventennale tradizione (1922 -1942) che ha lasciato una viva impronta in quasi tutti i religiosi della Provincia di San Giovan Giuseppe, che nel convento di Santa Maria Occorrevole hanno trascorso il periodo di prova suprema. Per fare ciò, si ritiene indispensabile aggregare di nuovo la gloriosa istituzione alla Provincia Francescana di Napoli, che è in diretta comunicazione con Piedimonte d’Alife e può fornire sacerdoti e giovani novizi in numero sufficiente. La Provincia di Benevento non ha possibilità di preoccuparsi della sorte dell’edifizio e del bosco, che pure hanno un grande valore patrimoniale e che, lasciati senza custodia, sono giornalmente sacrificati da ignote mani di ladri. Ragioni, dunque, di fede, di culto, di tradizione profondamente radicate nel pubblico che sentiva, al mezzogiorno, la campana diffondere il religioso richiamo per i monti e giù per le valli dell’Alifano, consigliano di aggregare di nuovo il Convento alla Provincia di Napoli per ridestare la Fede sopita nella potenza del Francescanesimo e per appagare l’aspirazione delle folle che vogliono risalire il Monte su cui brilla ancora e sempre la figura e la luce di San Francesco come una fiaccola di serena Beatitudine. O beata solitudo. O sola beatitudo. [O beata solitudine, o solitaria beatitudine]. Che il voto sia appagato col volere di Dio! Per un gruppo di fedeli, Giovanni Caso.
6. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Auguri per la festa del Santo Natale.
Prof. Dott. Giovanni Caso
Docente di Patologia e Clinica del Lavoro
presso la Regia Università e il Regio Policlinico di Napoli
Piedimonte d’Alife, li 19/12/1944
Per Don Zeno Saltini, Roma
Mio caro Don Zeno, a mezzo di Don Giuseppe t’invio un caro ricordo e gli auguri più fervidi per il Natale. Ti prego anche di ricordarmi a tutti i tuoi figliuoli, fra cui il caro Gino Mattera. Tuo affezionato Giovanni Caso.
1945
7. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. A Piedimonte tutto sembra andare alla grande. Nuovi piccoli apostoli crescono e dimostrano le loro qualità. Assieme a Salvatore Altobelli si mette in luce anche Emilio Bandista.
Prof. Dott. Giovanni Caso
Docente di Patologia e Clinica del Lavoro
presso la Regia Università e il Regio Policlinico di Napoli
Piedimonte d’Alife, li 28/2/1945
Carissimo Don Zeno,
dopo un lungo silenzio ho la possibilità di farti giungere mie notizie, che sono ottime. La Scuola artigiana muove i primi passi stentati e già una banda musicale di bambini ha suonato domenica in piazza il tuo “Pensieri”. Abbiamo anche dato uno spettacolo cinematografico gratuito a 800 bambini con “Pinocchio”, Ti presento il mio carissimo amico Bandista Emilio, un elemento di prim’ordine. Tanti saluti ai tuoi seguaci che noi ricordiamo assieme ad Altobelli, anche se loro non hanno la buona abitudine di ricordarsi degli amici. Particolari saluti a Don Giuseppe che ci ha fatto un piccolo tradimento. Un caro abbraccio, Tuo affezionato Giovanni Caso.
8. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Il dinamismo piedimontese non era secondo a nessuno, in quanto incessantemente si lavorava ed apprendeva, in una tenace e preveggente alternanza scuola-lavoro, nell’officina elettromeccanica, nella falegnameria e nell’ebanisteria, oltre che a svolgere le usuali attività didattiche.
Dott. Giovanni Caso
Docente di Patologia e Clinica del Lavoro
presso la Regia Università e il Regio Policlinico di Napoli
Piedimonte d’Alife, li 26/5/1945
Mio caro Don Zeno,
ho saputo che sei rientrato nella tua sede preferita con tutta la compagnia e mi auguro che avrai trovato intatta la tua Opera. Dammi notizia al più presto. Noi qui abbiamo lavorato in tuo nome e già assistiamo 70 bambini dal punto di vista religioso, morale e professionale (officina elettromeccanica, falegnameria ed ebanisteria, calzaturificio, scuola musicale, di disegno e di religione) con una notevole spesa, raccolta sul posto. Ora desidero da te qualche appoggio finanziario per allargare l’assistenza. Ti invito a venire a vedere quel poco, o molto, che siamo riusciti a fare e a dare ulteriori direttive in proposito. Ricordami a Don Giuseppe e agli altri amici. Con un abbraccio ti bacio devotamente la mano e ti attendo con ansia, Tuo affezionato Giovanni Caso.
9. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Si stava formando, tra mille difficoltà giornaliere, anche una banda musicale.
Opera Piccoli Apostoli, Scuola d’Arti e Mestieri, Piedimonte d’Alife, Via San Rocco, 33.
Piedimonte, li 9/6/1945
Carissimo Don Zeno,
profitto del passaggio di un mio amico per Bologna per farti imbucare la presente. Giorni fa ti scrissi un’altra mia e mi auguro l’avrai ricevuta; in essa vi era il mio particolare abbraccio ed i saluti sentiti di Altobelli e degli altri amici di Piedimonte. Il mio miglior tempo lo dedico esclusivamente all’Opera ed ogni giorno che passa sento che essa dovrà certamente rifiorire come è nella tua direttiva. Per ora funzionano quasi al completo l’officina meccanica, la falegnameria, la scuola musicale, quella di disegno, di cultura generale e di religione. La banda musicale, alquanto grande, già ha fatto alcune feste nei paesi viciniori e non pochi sono stati i successi ottenuti. Abbiamo circa venti operai da assistere e 50 ragazzi della scuola musicale, della falegnameria e dell’officina meccanica. I suddetti comportano una spesa di oltre trentamila lire al mese, ragion per cui non mi è possibile accontentare le tante altre richieste dei genitori che vogliono affidare all’Opera i propri figlioli. Son convinto, però, che tu non mancherai di darmi il tuo appoggio, anche finanziario, il che serve a sviluppare le tante branche e aumentare l’opera di assistenza. Ogni mia richiesta al Governo non ha avuto alcun esito, almeno fino a questo momento; perciò, devo solo contare su appoggi privati, che molte volte vengono meno. Dammi la bella notizia circa il funzionamento dei vasi comunicanti e frattanto vieni qui sul posto a vedere quel poco che abbiamo fatto. Un caro abbraccio, Tuo affezionatissimo Giovanni Caso. P.S. Saluti a Don Giuseppe e agli altri amici.
10. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Oltre a farsi latore dei saluti del Vescovo, monsignor Luigi Noviello, e di Don Giacomo Vitale, il professor Giovanni Caso chiede soldi, che non sono mai abbastanza per le magre finanze piedimontesi.
Prof. Dott. Giovanni Caso
Docente di Patologia e Clinica del Lavoro
presso la Regia Università e il Regio Policlinico di Napoli
Piedimonte d’Alife, li 9/7/1945
Mio caro Don Zeno,
puoi immaginare la gioia delle tue notizie. Anche il Vescovo [Monsignor Luigi Noviello], Don Giacomo Vitale e gli amici ti salutano e ti ricordano, invocando da Dio pace per i tuoi figlioli caduti nel dovere e a te la forza per compiere la grande opera che ti è affidata. Altobelli ha voluto scriverti una relazione, alla quale aggiungo di mio l’esortazione a mandare subito un tuo sacerdote per assumere la guida spirituale dell’organizzazione piedimontese, alla quale un gruppo di volontari continuerà a dare tutto l’appoggio possibile. Ora, col sistema dei vasi comunicanti, occorrerebbero un po’ di trasfusioni da Modena a Piedimonte, che ha istituzioni nascenti e da consolidare. Vedi tu nel tuo intuito cosa puoi fare per noi, che già crediamo di aver fatto un discreto sforzo per seguire il tuo illuminato esempio. A che punto sta l’Opera lirica? A Rustichelli grazie dei saluti che ricambiamo con mia moglie. E Don Giuseppe? Ti comunico che ho una bimba di due mesi e sono contentissimo. In attesa di tue nuove ti bacio la mano e ti salutiamo, affezionatissimo Giovanni Caso.
11. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. A Piedimonte furoreggiava l’interesse per la musica. Con generosità si offrivano pasti caldi ai fanciulli, con il concorso dell’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), della Chiesa e di private donazioni. Di tasca propria, il professor Giovanni Caso aveva speso un milione e quattrocentomila lire, cifra all’epoca davvero ragguardevole.
Opera Piccoli Apostoli, Scuola d’Arti e Mestieri, Piedimonte d’Alife, Via San Rocco, 33
Piedimonte, li 22/9/1945
Caro Don Zeno,
Non ho avuto risposta all’ultima mia lettera del 9 luglio fatta imbucare a Bologna da mio cognato, che si recava a Milano, e per intanto rinnovo le informazioni, aggiornandole. Visto il tuo silenzio, la direzione spirituale dell’Opera, per ordine del Vescovo è stata assunta dall’Assistente diocesano della Gioventù maschile di Azione Cattolica; i fanciulli assistiti, compresi quelli dell’annesso Oratorio, sono 150. Il reparto più in gamba è quello musicale con la Banda Piccola che riscuote sempre più l’ammirazione del pubblico, tanto che le iscrizioni aumentano, mentre mancano gli strumenti per gli allievi. Ti prego procurarmi costà, tutti o parte, degli strumenti, di cui all’unito elenco, possibilmente in dono, non avendo per ora altra disponibilità, dopo aver affrontato da solo una spesa di un milione e 400.000 lire. Faccio affidamento sulle tue ripetute promesse, ricordandoti anche che i bimbi di Piedimonte sono tuoi figlioli. A tutti questi bimbi, dal 1° settembre, diamo, con concorso dell’UNRRA una zuppa di latte alle otto del mattino ed una minestra calda alle ore 13, con loro soddisfazione e dei padri di famiglia, che sono riuniti nell’unione, come da te progettato. Elenco nominativo degli strumenti musicali: 1 oboe, 1 clarinetto piccolo Mi/bemolle, 8 clarinetti Si/bemolle, 2 clarinetti contralti Mi/bemolle, 2 clarinetti bassi Si/bemolle, 1 saxofono soprano Si/bemolle, 1 saxofono tenore Si/bemolle, 1 saxofono contralto Mi/bemolle, 1 saxofono baritono Mi/bemolle, 1 saxofono basso Mi/bemolle, 1 contrabbasso ad ancia, 2 trombe Mi/bemolle, 2 cornetti Si/bemolle, 2 tromboni Si/bemolle, 1 trombone basso Si/bemolle o Fa, 1 flicorno Mi/bemolle, 2 flicorni soprano Mi/bemolle, 1 flicorno tenore Si/bemolle, 2 bassi Si/bemolle grave (con campane larghe), 1 basso Mi/bemolle, 2 timpani, 2 paia di piatti turchi, 2 trombe per l’Aida. Dammi buone assicurazioni, salutami gli amici e ricevi un fraterno abbraccio. Affezionatissimo Giovanni Caso.
1946
12. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Una dettagliata relazione che illustra in profondità lo stato della realtà piedimontese.
Opera Piccoli Apostoli, Scuola d’Arti e Mestieri, Piedimonte d’Alife, Via San Rocco, 33.
Piedimonte d’Alife, li 4 febbraio 1946
Carissimo Don Zeno,
Ho deciso di inviarti [Salvatore] Altobelli per ottenere il suo perfezionamento sotto la tua guida e perché tu possa renderti conto di quel poco di bene che abbiamo fatto a Piedimonte d’Alife. Eccoti una breve relazione: 1) L’opera è stata fondata il 1° settembre 1944 con 30 allievi, che oggi sono saliti a 470, quasi tutti bisognosi o semi-bisognosi, i quali vivono nelle loro famiglie e, per la giornata, sono trattenuti il maggior numero di ore possibili presso i locali di fortuna dell’Opera. Pur conoscendo la finalità della tua Opera qui non è stato per ora possibile attuare in pieno il concetto della maternità giacché non ancora abbiamo trovato qualche donna che abbia vocazione né abbiamo ancora disponibile un piccolo appartamento ove allogare la prima famiglia adottiva. Ci siamo limitati, quindi, ad un lavoro di raccolta e di sorveglianza dell’infanzia senza un piano preordinato ma, beninteso, tenendo sempre di mira i tuoi insegnamenti. 2) I quattrocentosettanta fanciulli sono suddivisi in due oratori (Parrocchia di Ave Grazia Plena e Parrocchia di Santa Maria Maggiore) nei quali la domenica si fa l’insegnamento catechistico, seguito da qualche spettacolo teatrale o dal cinema. Per quest’ultimo usufruiamo del cinema del Seminario o di quello di un nostro amico in attesa di preparare la sala di proiezione nel Monastero di San Salvatore, per la quale occorrono ingenti spese di riattazione. 3) Una parte dei fanciulli (circa centocinquanta) frequenta la nostra officina elettromeccanica, la falegnameria, la scuola musicale e bandistica, di disegno e cultura generale. Abbiamo anche una macchina per preparare 90 scarpe leggere al giorno, ma finora il nostro amato Governo (che è così sollecito nelle sottigliezze della politica teorica) non ci ha assegnato le materie prime né ci ha concesso un sussidio richiesto per le dure necessità giornaliere. Ho proposto la costruzione di una scuola artigiana per combattere la disoccupazione e, nello stesso tempo, fare cosa utile all’avvenire della nostra Opera. Ieri ho saputo che il Ministero dei Lavori Pubblici ha accolto il progetto fatto presentare e che la costruzione si inizierà fra breve, sia pure a lotti, per una spesa complessiva di lire quaranta milioni dei quali 20 sono a carico dello Stato e 20 a carico della nostra Opera. La nostra Amministrazione Comunale ha contribuito donando 6000 metri quadrati di suolo di fronte allo stabilimento delle Cotoniere Meridionali. 4) Si è proceduto anche all’allestimento di una sezione sportiva e alla refezione calda con generi alimentari forniti dall’UNRRA e completati da alimenti del posto. Il refettorio ha funzionato fino a novembre [1945]; ma poi è stato sospeso perché, avendo noi della zona Alifana cambiato Provincia (da quella di Benevento a quella di Caserta), vi sono stati molti disguidi burocratici, oltre quelli già abituali e direi normali nelle province preesistenti. Ora siamo in attesa dei rifornimenti arretrati e della minestra del Papa e, con il tutto, ristabiliremo il refettorio sollecitamente. 5) Abbiamo distribuito, nella forma paternalistica da te attuata, molte migliaia di lire di sussidi ai padri di famiglia che hanno formato la loro Unione nel seno dell’Opera. 6) Finora le spese sostenute per l’impianto e per la gestione sommano a lire 1.600.000. Quelle della sola gestione si aggirano sulle 20.000 lire mensili, senza calcolare quelle del refettorio che, da sole, importano altre 20.000 lire mensili. Gli Enti pubblici, con alla testa il patrio Governo, si sono finora dimostrati sordi alla voce della carità, mentre l’UNRRA e la beneficienza privata, anche attraverso una serie di manifestazioni (lotterie, spettacoli teatrali, cassette-salvadanaio, etc.) sono stati solleciti e generosi verso i nostri fanciulli. Prima di chiudere ti ringrazio del libro e del numero speciale che mi hanno confermato nella fede e nell’ammirazione per te e per la tua Opera. Non ci abbandonare e manda subito un tuo Sacerdote che deve prendere la direzione spirituale e materiale di questa organizzazione piedimontese, che per ora è una brutta copia della casa madre. A tutti gli Apostoli il mio caro ricordo. A te un fraterno abbraccio. Tuo Giovanni Caso
P.S. Gli Allievi fanno lezioni con la fisarmonica che ho ritirato dal Seminario. Vi bacio le mani e vi prego di accettare un ossequioso saluto da un piccolo apostolo straniero Bernardino Peshkëpia. Bernardino è solo a Piedimonte; da due mesi si è convertito da maomettano. Sta con noi che sostituiamo la sua famiglia, che vive in Albania. Mi auguro di fartelo conoscere perché è uno dei più sani e convinti.
13. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Giovanni Caso annuncia, con giubilo, la propria elezione all’Assemblea Costituente.
Piedimonte d’Alife, 15/6/1946
Nel comunicarti mia elezione alla Costituente, abbraccioti fraternamente, auspicando consolidamento tua Opera. Giovanni Caso.
14. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Il professor Giovanni Caso e Don Zeno Saltini prospettavano la possibile realizzazione di un villaggio nei boschi del Matese, che nelle intenzioni dei due avrebbe dovuto essere ciò che adesso è Nomadelfia.
Assemblea Costituente
Roma, 23/7/1946
Mio caro Don Zeno,
scusa se rispondo con ritardo ma ho voluto ispirarmi e consultare le Autorità governative circa l’esecuzione del tuo progetto. Il piano è attuabile ed il Governo mi ha suggerito la formula della de-liberazione che dovrebbe adottare uno dei tre Comuni (Piedimonte, Castello o San Gregorio) che sono proprietari dei boschi sul Matese. Tu dovresti favorirmi al più presto un piano di dettaglio di quello che la tua Opera farebbe per il disboscamento e il ripopolamento del Matese, fino a creare lassù un villaggio. Queste notizie occorrono per i Comuni e non certo per me, che già intuisco la grandezza della tua concezione. Alla Camera ieri ho parlato di te col tuo conterraneo dott. Merighi Mario. Se sei deciso, oltre al piano, invia anche una domanda di concessione amministrativa di 1500 moggia, lasciando in bianco il nome del Comune. In attesa un fraterno abbraccio, affezionatissimo Giovanni Caso.
1947
15. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Auguri di buon anno.
Piedimonte d’Alife, 2/1/1947
Piccoli Apostoli di Piedimonte augurano ottime feste all’amato Fondatore. Giovanni Caso.
16. Giovanni Caso a Don Walter Marchi. Con premura, il professor Caso si districa tra mille incombenze, preannunciando l’invio a Fossoli, nel comune di Carpi, base della comunità di Don Zeno, uno scarno gruppo di fanciulli piedimontesi.
Prof. Dott. Giovanni Caso, Docente di Medicina del Lavoro nell’Università di Napoli, Deputato alla Costituente. Roma, Via Salaria, 44.
Piedimonte d’Alife, li 27/8/1947
Carissimo Don Marchi,
Condivido le Vostre lagnanze, ma il già ottenuto è sempre qualcosa di fronte alla trascuratezza dei passati governi anticlericali. Io ho una fiducia angelica negli Onorevoli De Gasperi ed Andreotti, i quali sapranno ben superare le pastoie burocratiche per compiere un’opera di carità sociale. Sono pronti per partire i nostri “otto” orfanelli e per essi vi prego di sollecitare Don Zeno, fissandomi la data di partenza; ci tengo moltissimo a tale scambio. Il parroco Don Espedito Grillo (conosciuto e stimato da Don Zeno) mi assicura di aver trovata una donna di vocazione, che fra qualche mese potrà fondare qui la prima famiglia. P. S. Attendo chiarimenti. Speriamo bene! In attesa di rivederci v’invio un caro ricordo nel Signore, affezionatissimo Giovanni Caso. P. S. Mia moglie ricambia i distinti saluti.
17. Giovanni Caso a Don Walter Marchi. L’arrivo dei fanciulli piedimontesi a Fossoli, materializzandosi tra innumerevoli adempimenti, sta diventando realtà.
Prof. Dott. Giovanni Caso, Docente di Patologia e Clinica del Lavoro presso la Regia Università e il Regio Policlinico di Napoli. Deputato alla Costituente
Piedimonte d’Alife, li 14/9/1947
Caro Don Marchi,
eccole l’elenco dei bambini che vorrei si trasferissero a Fossoli sotto la guida di Don Zeno. Prego di accettarli anche se non tutti orfani giacché è come se lo fossero anche quelli che hanno i genitori più di nome che di fatto. Io verrò a Roma verso il 22 settembre e andrò all’Albergo Santa Chiara e non al Montenegro, giacché non posso distaccarmi da quel posto per me oramai abituale. Arrivederci, grazie e fraterni saluti, affezionatissimo Giovanni Caso.
1948
18. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Finalmente i bambini arrivano a Fossoli.
Piedimonte d’Alife, 6/1/1948
Caro Don Zeno,
ti ricambio i saluti inviatimi a mezzo degli sposi novelli. Oggi ti ho ricordato agli 800 bimbi dei Piccoli Apostoli che ricevevano una modesta Befana dalle mani del Vescovo ed ho auspicato il trionfo della tua missione. Otto bambini verranno costà il giorno 14 c. m., accompagnati dalla madre dei Piccoli Apostoli signora Piciullo o da Salvatore Altobelli. Essi saranno il tratto di unione vivo e vitale con Piedimonte d’Alife. Grazie di cuore per quanto farai per loro. Ti confermerò per telegramma l’ora dell’arrivo a Modena della piccola compagnia piedimontese in modo che tu possa inviare la tua macchina a prelevarla. Ti abbraccio con affetto, Tuo Giovanni Caso.
19. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Con somma gioia Giovanni Caso esprime la propria soddisfazione per l’abbrivo della Costituzione.
Piedimonte d’Alife, 9/2/1948
Ti Partecipo fraternamente la promulgazione della Costituzione, Giovanni Caso.
20. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Il professor Giovanni Caso annuncia che è in procinto di candidarsi per ottenere un seggio al Senato, dove sarà eletto.
Prof. Dott. Giovanni Caso, Docente di Medicina del Lavoro nella Università di Napoli, Deputato alla Costituente, Roma, Via Salaria 44.
Roma, li 19/2/1948
Caro Don Zeno,
in fretta ti invio il mio caro ricordo, di passaggio come sono per Roma, ove sono venuto per promuovere lavori pubblici per la mia provincia. Io ho rifiutato la candidatura come deputato e sono in predicato per la candidatura al Senato, nel collegio di Sessa Aurunca. Ti mando due copie del Popolo, che pubblicano l’articolo su Nomadelfia, il migliore che abbia letto finora, e tre mie fotografie fra i Piccoli Apostoli piedimontesi il giorno della Befana del 1948. Ricordami a Don Marchi, alla signora Piciullo e ai bambini di Piedimonte (che ringrazio per avermi scritto). Auguri di buon lavoro e un fraterno abbraccio, Tuo Giovanni Caso.
21. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Il professor Giovanni Caso si interessa al reperimento dei fondi presso il CIF, Centro Italiano Femminile, organizzazione cattolica sorta nel 1944 per «Per contribuire alla ricostruzione del Paese attraverso la partecipazione democratica, l’impegno di promozione umana e di solidarietà».
Prof. Dott. Giovanni Caso, Docente di Medicina del Lavoro nella Università di Napoli, Senatore della Repubblica.
Piedimonte, li 14/6/1948
Carissimo Don Zeno,
riparto domani per Roma e desidero avere tue notizie, soprattutto per sapere se devo o no interessarmi di quella tale proposta per l’assistenza ai bambini. Nei giorni scorsi non ho potuto avere tue notizie perché dallo studio di Rustichelli non hanno risposto al telefono. Comunque, voglio sperare che avrai potuto ottenere, per lo meno in parte, gli aiuti che desideravi. Io sono stato al CIF [Centro Italiano Femminile], dalla signorina [Maria] Tittoni [vicepresidente del CIF], la quale mi ha detto che, appena approvato il piano per i preventivi, quello proposto da te sarà il primo ad essere finanziato. Ho trovato qui a casa la madre di Iannotta ed il padre dei due bambini Brandi, i quali insistono per far tornare indietro i loro bambini. Io, pur domandoti scusa, per averti inviato dei fanciulli che forse era preferibile lasciare presso le loro famiglie, ho promesso loro che ti avrei scritto per invitarti a farli ripartire. Ti prego di inviarli a Roma, alla prima occasione favorevole, telegrafando a Piedimonte in modo che possa trovarsi a Roma il nostro Dino Peshkëpia per prelevarli e darti il rimborso del viaggio. Ricordami a tutti gli amici, a Don Marchi, e ricevi un caro abbraccio, Tuo Giovanni Caso.
22. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Auguri per la formazione di nuove famiglie in quel di Fossoli.
Senato della Repubblica
Roma, 16 giugno 1948
Agli Sposi Umberto e Giustina, Eusebio ed Erminia, Fausto e Angela, Giuseppe e Pierina, Piccoli Apostoli porgo auguri affettuosi e rallegramenti, auspicando alle fiorenti Famiglie prosperità, benessere ed aiuto perpetuo di luce divina. Affezionatissimo, Sen. Giovanni Caso.
1949
23. Giovanni Caso a Don Ennio Tardini. Mancava poco alla realizzazione di Nomadelfia sui monti del Matese. Eppure, il sogno rimase tale.
Prof. Dott. Giovanni Caso, Docente di Medicina del Lavoro nella Università di Napoli, Senatore della Repubblica.
Piedimonte d’Alife 26/11/1949
Carissimo Don Tardini,
ricevo la Sua gentile comunicazione relativa ai chiarimenti in ordine alla istituenda Nomadelfia Matese e La ringrazio assai. Io e gli amici di Piedimonte d’Alife, ai quali ho comunicato la bella notizia telegrafatami da Don Zeno, siamo esultanti e con cuore fraterno ringraziamo per quest’opera che anche a Piedimonte d’Alife attuerà le sue nobilissime finalità. Mentre la notizia rilevata dal telegramma di Don Zeno, relativa ai 10.000 Ettari mi sembrava troppo forte, quella che Lei mi dà con la sua del 23 corrente, mi sembra troppo debole, giacché ritengo esigua la superficie richiesta di 10.000 mq., pari cioè ad un ettaro soltanto di suolo. Comunque, io ho già pronte tre o quattro località e, appena a Roma, non mancherò di sottoporle all’esame del caro Don Zeno, che già conosce la nostra zona. Attualmente sono costretto a letto, afflitto da una noiosa rinofaringite influenzale, e non posso perciò precisare quando potrò essere a Roma. Appena ristabilito, Le riscriverò, onde Lei possa informare Don Zeno. Le rinnovo le mie vive grazie, e Le porgo i miei affettuosi saluti, Suo Giovanni Caso.
1950
24. Da Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Il professor Giovanni Caso è in cerca dell’atto costitutivo della comunità dei Piccoli Apostoli di Piedimonte.
Piedimonte d’Alife 17/6/1950
Caro Don Zeno,
eccoti una lettera dell’On. [Senatore Emilio] Battista. Colgo l’occasione per pregarti di volermi inviare copia dell’atto costitutivo dei Piccoli Apostoli di Piedimonte tanto che qui alla Curia non ho trovato traccia dell’atto. Mandaci anche una tua fotografia con dedica ai Piccoli Apostoli piedimontesi e dieci copie almeno di ogni tua pubblicazione (e con le spese a nostro carico). Affezionatissimo Giovanni Caso.
25. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Sfumando nondimeno, per la scarsità di sacerdoti disponibili, le possibilità di dar corpo al villaggio di Nomadelfia-Matese, il professore Giovanni Caso si trova costretto a rivolgersi ai Salesiani, che già stanno a Caserta e che potrebbero far fronte alle necessità oratoriali e formative.
Senato della Repubblica
Piedimonte d’Alife, 14/9/1950
Mio caro Don Zeno,
l’Opera di Piedimonte d’Alife si trova ad una svolta decisiva. Essa aveva bisogno di assistenza religiosa e spirituale continuativa e questa sino ad ora non è stata attuata per ragioni varie; il parroco [Don Lucio] Ferritto, pur volendosi dedicare a tale compito, non lo può espletare per le cure che ha della sua parrocchia, per la predicazione e per la necessità di assistere la sua fondazione per i vecchi, il mendicicomio “Divina Provvidenza”. Alcun sacerdote locale, per quanto invitato insistentemente, ha voluto essere sacerdote Piccolo Apostolo. I vari Ordini religiosi dei Fratelli delle Scuole Cristiane, dei Servi di Maria e dei Francescani del vicino convento di Santa Maria Occorrevole non hanno voluto accettare l’incarico di assistere i nostri fanciulli e la nostra organizzazione artigianale. Stando così le cose, ed essendo viva la mia preoccupazione per un tale incolmabile vuoto, ho richiesto a Sua Eccellenza il Vescovo [Monsignor Giuseppe Della Cioppa] l’autorizzazione a prendere contatto coi Salesiani di Caserta, e ciò ho richiesto dopo che da Don Marchi e da Te medesimo ho avuto la risposta che non era possibile trasferire qui un tuo sacerdote Piccolo Apostolo per affidargli la direzione di quel poco che siamo riusciti ad organizzare finora. Io ho fatto presente al Vescovo che avrei proposto ai Salesiani di affidare loro l’incarico per tutto ciò che riguarda l’internato, gli Oratori e la Scuola di Arti e Mestieri, lasciando intatta la possibilità di aiutarti a fondare la cittadina della fraternità (Nomadelfia-Matese) alle tue dirette dipendenze. Ieri è arrivato qui, improvvisamente, l’Ispettore Regionale dei Salesiani, che ha visitato l’Opera, ha parlato con Sua Eccellenza il Vescovo, ed ha espresso il suo favore per le attività che noi svolgiamo e che rientrano negli scopi e nelle finalità dell’Ordine dei Salesiani per l’educazione della fanciullezza e della gioventù. Egli mi ha incaricato di inviare una relazione al Rettore Maggiore Don [Pietro] Ricaldone a Torino, facendomi comprendere che avrebbe dato, a richiesta del Capo dei Salesiani, parere favorevole per assumere la direzione dell’Opera con la seguente denominazione: “Opera Salesiana dei Piccoli Apostoli, Scuola di Arti e Mestieri”. Egli conosce te e la tua mirabile fondazione e intende rispettarla, oltre che nella sostanza organizzativa (Oratorio e Scuola), anche nella forma, e darle pubblica testimonianza per gli sviluppi che l’Opera potrebbe avere in Piedimonte, quale centro di irradiazione per l’Italia Meridionale, giusto il contenuto dell’atto costitutivo da te firmato nelle mani di Sua Eccellenza il Vescovo [Luigi] Noviello, di venerata memoria. Io, prima di prendere tale decisione, ho sentito vivo l’impulso di tenerti al corrente, per avere il tuo consenso e per appagare soprattutto la mia coscienza per tema di non dovere eventualmente rinunziare ad una sia pur modesta missione di apostolo, da me liberamente assunta or sono sei anni assieme a Don Lucio ed a pochi altri. Io rivolgerò la mia preghiera fervida al Signore, Tu intanto dammi schiettamente il Tuo consiglio e credimi con un fraterno abbraccio, Tuo Giovanni Caso.
26. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Ad ogni buon conto, il professor Caso ancora non dispera completamente, credendo che si possa trovare una sistemazione e che l’Opera dei Piccoli Apostoli possa restare a Piedimonte.
XVI Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, Napoli, 27 settembre-1° ottobre 1950, Istituto di Medicina del Lavoro, Policlinico, Tel. 4472.
Napoli, 28/9/1950
Mio caro Don Zeno,
ti ho atteso fino a stamane. Parto nel pomeriggio per Piedimonte e vi resterò fino a martedì. Mercoledì prossimo mi auguro di essere a Roma. I Salesiani non ancora hanno risposto alla mia lettera. Io ci tengo a dirti che mi sono rivolto a loro sapendo di fare bene perché ai Piccoli Apostoli di Piedimonte mancava e manca l’assistenza religiosa. Prega il Signore come lo sai pregare tu e ricevi un caro abbraccio, Tuo Giovanni Caso.
1951
27. Giovanni Caso a Don Zeno Saltini. Il senatore Caso prende a cuore le sorti di un giovane fanciullo piedimontese perché possa rivedere il padre, rimasto in carcere per diversi anni.
Piedimonte, 30/11/1951
Caro Don Zeno,
un giovanetto di Piedimonte, Piccolo Apostolo, desidera venire in famiglia per qualche giorno e per rivedere il padre, che è stato in carcere per 5 o 6 anni. Ti prego dirmi se hai possibilità di farlo accompagnare o inviarlo a Roma, che di lì penseremmo noi a farlo proseguire per casa. Fammi conoscere l’importo della spesa, ché manderò subito il denaro occorrente. Io ti ricordo sempre col solito affetto e seguo, a mezzo di Don [Walter] Marchi, tutto il bene che stai facendo, nonostante molte incomprensioni. Gradisci i miei cordiali saluti ed un abbraccio, Tuo Giovanni Caso.
28. Giovanni Caso a Don Ennio Tardini. Il senatore Caso intercede perché altri due bambini possano tornare a casa per vedere i padri, usciti di recente dal carcere.
Piedimonte d’Alife, 14/12/1951
Caro Don Ennio,
Le sono grato del buon ricordo, inviatomi assieme all’amico Antonio Poccia, il quale è tornato qui entusiasta della sua accoglienza e di tutto il bene che ha constatato con mano. Anche i Piccoli Apostoli piedimontesi Le ricambiano fraterni saluti. Colgo l’occasione per rincordarle una richiesta da me fatta già a Don Zeno ed a Don [Walter] Marchi a nome di due padri di famiglia, uno dei quali da oltre un anno ritornato dal carcere; papà che desidererebbero rivedere i loro figliuoli per le feste natalizie. La prego caldamente di volerli mandare a Piedimonte, facendomi conoscere subito la somma che devo inviare per il viaggio da Modena a Caserta, ove troveranno, durante il giorno, una delle 12 corriere automobilistiche che fanno servizio da Napoli per Caserta e Piedimonte. La ringrazio e la saluto cordialmente con Don Zeno, Don Marchi e gli altri amici. Mi ricordi nelle preghiere! Suo affezionatissimo, Sen. Prof. Giovanni Caso.
Appendice
(Trascrizione e revisione dei testi a cura di Armando Pepe)
1. Da parte della curia arcivescovile di Napoli si richiede un permesso di libera circolazione per Don Zeno Saltini in modo che possa andare a Piedimonte.
Curia Arcivescovile di Napoli, Tribunale Regionale Campano
Largo Donnaregina, n. 22-23
Napoli, 10 maggio 1944
Attesto che il reverendo prof. Don Zeno Saltini è stato invitato da Sua Eccellenza Monsignor Luigi Noviello, Vescovo di Alife, a predicare il novenario della Vergine Immacolata, che comincia il giorno 11 maggio c. m. A nome dell’Eminentissimo Cardinale Ascalesi prego cotesto Comando di rilasciargli il permesso di transito per un veicolo privato, con la data di domani, 11 c. m.
Per l’Arcivescovo, Mons. Giuseppe de Miranda
2. Il presule alifano, monsignor Luigi Noviello, stila il decreto per istituire nella propria diocesi l’Opera dei Piccoli Apostoli, con duplice sede, a Piedimonte e a San Gregorio.
Aloysius Noviello, Utriusque Juris Doctor, Sanctissimi Domini Nostri Papae Pii XII Praelatus Domesticus Dei et Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Aliphanus
Decretum
Cum nobis profecto constit de Clericali Instituto vulgo dicto “Opera Piccoli Apostoli” a Zeno Saltini sacerdote carpensi fundato, cumque eiusdem Apostolatum Nostrae Dioecesi valde profuturum in Domino confidamus, Nostra ordinaria auctoritate, libenter erigimus in Nostra Dioecesi dictum institutum clericale, illudque in personam moralem constituimus Nostrae iurisdictioni plene subiectum, cum sede in duobus paroeciis, Sanctae Mariae Majoris civitatis Pedemontii, et Sanctae Mariae Gratiarum oppidi Sancti Gregorii; et haec omnia, alio meliori modo, adprobamus et confirmamus, necnon executioni mandamus. Et ita in fidem.
Datum Pedemontii ab Aliphis, die 14° Junii 1944
Aloysius Noviello, Episcopus Aliphanus
3. Articolato, redatto da monsignor Luigi Noviello, che disciplina i rapporti tra la diocesi alifana e l’Opera dei Piccoli Apostoli.
Luigi Noviello, Vescovo di Alife Piedimonte d’Alife, 14/6/1944
Zenus Saltini, sacerdos Carpensis, fundator clericalis Instituti vulgo dicti “Opera Piccoli Apostoli”, Sanctissimo Salvatori dicati, convenit cum Episcopo Aliphano, Alojsio Noviello, in his quae sequuntur: 1) Episcopus Aliphanus in Domino confidens Apostolatum Operis suae Dioecesis valde profuturum, auctoritate ordinaria, erigit in sua Dioecesi dictum Clericale Institutum “L’Opera Piccoli Apostoli”, illudque in persona morali constituit, suae iurisdictioni plene subiectum, cum sede in duabus paroeciis: Sanctae Mariae Majoris civitatis Pedemontii et Sanctae Mariae Gratiarum oppidi Sancti Gregorii. 2) Hae ambae paroeciae sunt tamquam sedes particulares in comunicatione cum sede centrali Operis, pro Alta Italia; sed vicissim possunt fieri sedes centrales Operis, pro diffusione huiusmodi apostolatus in Italia meridionali. 3) Hisce paroeciis parochi praeferendi sunt Sacerdotes Operis, iam Dioecesi Aliphanae incardinati, simul annuentibus Ordinario loci et Moderatori Operis, ita ut Moderator Operis proprium sacerdotem Ordinario proponat ad curam animarum exercendam, et Ordinarius eundem rite approbatum canonice instituat. Huiusmodi parochus proprio Ordinario omnino subesse debet in his omnibus quae ad curam animarum pertinent. 4) Opus nihil peraget in Dioecesi Aliphana, dissentiente aut inconsulto Episcopo; et in casu dissensus, Opus potest in alio loco transferre sedem centralem pro Italia Meridionali, integras servando loci Ordinario institutiones a se peractas quin exspensarum satisfactionem exigat. Ordinarius vero potest ad normam sacrorum canonum etiam amovere ab hisce paroeciis parochos sacerdotes Operis; sed in hoc casu Opus devolvet parochis successoribus cunctas institutiones ad tonum paroeciae localis peractas, non autem quae indolem generalem secum ferunt. In casu controversiae Ordinarius rem referat ad Sanctam Sedem Apostolicam, eiusque mandatis utraque pars stabit. 5) Fundator Operis confidit templum, Deo providente, erecturum in oppido Santi Gregorii Jesu Salvatori dicatum in Ecclesiam paroecialem adhibentem, ita ut paroecia Sancti Gregorii inscribatur sub duplici titulo Jesu Salvatoris et Sanctae Mariae Gratiarum. 6) Quoad collaborationem spiritualem Operis cum reliquis Dioecesis paroeciis quibus Parochi non sint sacerdotes Operis, Opus stabit mandatis Ordinarii. 7) Huius conventionis duo exemplaria conficientur, quorum alterum in Archivio Curiae Episcopalis alterum autem in Archivio Operis servandum.
Aloysius Noviello, Episcopus Aliphanus
Fonti
1. Archivio Apostolico Vaticano, Pont. Opera Ass., 510, fascicolo 3 "Diocesi di Alife".
2. Archivio storico del Senato, I legislatura, "Senatore Caso Giovanni".
3. Archivio di Nomadelfia, "Corrispondenza tra Giovanni Caso e Don Zeno Saltini”.
4. Archivio Salesiano Centrale, “Casa Salesiana di Piedimonte Matese”.
Bibliografia
1. Giovanni Caso, Dal sindacato di classe allo stato corporativo: la cooperazione nell'economia corporativa, Idelson, Napoli 1929.
2. Giovanni Caso, Itinerari sociali, Rinascita Artistica, Napoli 1957.
3. Gianni Ciceri ed Edmea Gazzi (a cura di), Zeno: un’intervista, una vita. Don Zeno Saltini racconta la sua vita e quella di Nomadelfia, Libreria editrice fiorentina, Firenze 1986.
4. Giovanni Guadagno, Il secondo dopoguerra nella media Valle del Volturno (1943 – 1954) da Giovanni Caso a Giacinto Bosco, Annuario dell’Associazione Storica del Medio Volturno, Piedimonte Matese 2003, pp. 113-129.
5. Antonio Saltini, Don Zeno: il sovversivo di Dio, Calderini, Bologna 1990.
Sitografia
1. <https://www.cifnazionale.it/> (consultato il 15/11/2022)
2. <https://www.famigliacristiana.it/articolo/nomadelfia-lutopia-di-don-zeno-e-ancora-segno-di-contraddizione.aspx> (consultato il 15/11/2022)
3. <https://www.senato.it/leg/01/BGT/Schede/Attsen/00009234.htm> (consultato il 15/11/2022).
Ringraziamenti
Si ringrazia il signor Claudio Altobelli per la fotografia.
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Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]
Storia della Campania. Risorse in rete per la storia del territorio e del patrimonio culturale
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241686 | DOI 10.5281/zenodo.3408416
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