Dizionario storico delle scienze naturali a Napoli dal Rinascimento all’Illuminismo
Francesco Serao (San Cipriano d’Aversa, 20 settembre 1702 – Napoli, 5 agosto 1783), figura di spicco della comunità scientifica napoletana del Settecento, è stato un medico, professore di medicina, archiatra del Regno di Napoli e medico personale del re Ferdinando IV. Si è occupato anche di scienze naturali e dei fenomeni del Vesuvio.
Cenni biografici
Francesco Serao nasce a San Cipriano d’Aversa il 20 settembre 1702, da Paolo e da Ippolita Furno. Una spiccata inclinazione per gli studi spinge la famiglia a mandarlo, dodicenne, a Napoli a scuola dai Gesuiti, dove eccelle nei classici greci e latini. Quattro anni dopo, alla morte del padre, è costretto a rientrare a casa per prendersi cura dei beni di famiglia, ma lo zio materno, consapevole delle sue doti intellettuali, lo riporta con sé a Napoli per proseguire gli studi e conseguire giovanissimo la laurea in medicina.
Comincia a seguire la pratica medica di Biagio Dal Pozzo, che però abbandona dopo aver assistito a un consulto del famoso Nicola Cirillo, di cui diventa allievo e assistente, entrando poi con lui in grande familiarità. Cirillo, analogamente, “lo amò come un figlio e prese di lui cura particolare”, come ricorda De Renzi (vol. V, p. 689).
Seguendo i consigli del maestro, comincia a insegnare privatamente presso la sua abitazione dal 1723. Nel 1727 gli viene assegnata la cattedra di medicina teoretica e nel 1743 anche quella di medicina pratica.
L’arrivo a Napoli della sposa del re Ferdinando IV, Maria Carolina d’Austria nel 1768, segna l’inizio di un nuovo prestigioso incarico per Serao. La regina, infatti, seguendo il consiglio di Gerard van Swieten, lo sceglie come suo medico personale e il re Ferdinando IV lo nomina medico di corte e protomedico del Regno.
Serao muore a Napoli il 5 agosto 1783 a ottant’anni, per un malanno contratto dopo essersi recato di notte ad assistere la regina.
Contributo alle scienze naturali in Napoli
Figura di spicco nella Napoli del Settecento, uomo di grande cultura e dai molteplici interessi, medico di notevole fama in città, si occupa anche di storia naturale, su incarico dell’Accademia delle Scienze di Napoli. Il Cappellano Maggiore Celestino Galiani, infatti, lo sceglie nel 1733 giovanissimo (appena trentenne) come segretario dell’Accademia, accanto al maestro Cirillo in qualità di presidente. L’Accademia segna un momento di forte ripresa della scienza napoletana e Galiani vede in Serao un esponente della cultura scientifica e antimetafisica che questa istituzione intendeva promuovere.
Su incarico dell’Accademia, Serao scrive alcune opere di storia naturale, di cui la più famosa è l’Istoria dell’incendio del Vesuvio, accaduto nel mese di Maggio dell’anno MDCCXX (1738), dedicata al re Carlo di Borbone che ne aveva fatto richiesta e che volle anche una versione latina per una diffusione internazionale. Ancora oggi è un interessante documento di osservazione scientifica dei fenomeni verificatisi durante l’eruzione e che spingerà Jean-Antoine Nollet, in visita a Napoli nel 1749, a scrivere che questo lavoro riuniva “tutte le ricerche che si possono immaginare di compiere sul Vesuvio” e spiegava “i fenomeni con tutto il dettaglio e la chiarezza che si possono desiderare”(Mémoires de l’Académie des sciences, 1750, p. 80). Si tratta di un’opera fortunata, che riscuote grande successo e conosce ampia circolazione, e che verrà pubblicata anche nella traduzione francese e inglese. In questo resoconto, tra l’altro, Serao avanza l’ipotesi che originariamente il vulcano doveva avere un solo cono, in modo da far scendere le colate di lava dal fianco settentrionale e solo successivamente, in seguito a eruzioni, si sarebbe formata la caldera. “Basti a noi aver dimostrato, che l’antica faccia, e forma del monte Vesuvio era di gran lunga diversa da quella che oggi si vede; e che quello fosse stato un sol monte dalle radici alla cima; sicché il suo biforcamento, tanto oggimai sensibile, sia da reputarsi nuovo effetto degli stessi e strabocchevoli incendi, de’ quali conviene dir qualcosa che qui appresso” (p. 22).
Il metodo seguito da Serao è quello di attenersi esclusivamente ai fatti osservati, come spiega anche nell’Opuscolo dedicato alla Descrizione dell’Elefante (1766): “Noi siam contenti di aver detto sol tanto quello che abbiamo veduto e osservato; e quello di più, che dietro alle nostre prime e avacciate osservazioni abbiam saputo pensare così all’ingrosso. Il resto si può di leggieri raccogliere da altri libri.” (pp. 8-9). L’Elefante, “Il più prodigioso e stupendo animale che abbia la Terra”, era un esemplare di elefante indiano regalato nel 1742 dal sultano Maometto V al re Carlo di Borbone, come segno delle buone relazioni tra la corte di Napoli e Costantinopoli. Tenuto nella Reggia di Portici fino alla morte avvenuta nel 1756, era una vera e propria attrazione; il suo scheletro oggi è conservato presso il Museo di Zoologia dell’Università di Napoli.
Nel 1742 dà alle stampe le prime due lezioni accademiche, sulla tarantola (Della Tarantola ossia Falangio di Puglia): avrebbe poi dovuto proseguire la pubblicazione con una terza lezione, ma l’opera rimane incompleta (solo poche copie dell’opera contengono l’inizio della terza lezione, che venne fatta circolare tra gli accademici napoletani). Lo studioso non sembrava particolarmente soddisfatto del lavoro che, a causa dei numerosi impegni, subiva pause e rallentamenti. Nonostante le perplessità e i dubbi, confidati dall’autore a Vico e Morgagni, si tratta di un importante primo contributo volto a smantellare, con “l’uso della ragione”, l’antica e perdurante credenza del tarantismo dovuto al morso velenoso. Con atteggiamento anti kircheriano, Serao prende posizione contro l’opinione diffusa che il morso dell’animale avrebbe iniettato un veleno dal quale era possibile guarire con musica e ballo frenetico. Viceversa, egli è incline a considerare il ballo dei tarantolati un fenomeno di malinconia o di delirio, tipico dei pugliesi, provocato dal calore e dall’alimentazione, ma non dal morso dell’animale.
Nelle lezioni accademiche del 1775 tratta la questione della morte per annegamento (De suffocatis ad vitam revocandis), smontando l’idea che il soffocamento fosse determinato dall’acqua entrata nello stomaco e nei polmoni, per cui si appendevano i corpi degli annegati a testa in giù. Serao cerca di portare chiarezza sull’argomento, anche mediante esperimenti condotti sugli animali: deducendo che la morte sopraggiungeva invece per mancata circolazione e respirazione, indicava come manovre da attuarsi per “richiamare in vita i sommersi”, quelle di cercare di riattivare la circolazione sanguigna e immettere aria nei polmoni.
Serao esercita la professione medica con grande passione e dedizione verso i pazienti, che cerca di curare dolcemente senza sovraccarico di farmaci e spesso senza tornaconto, prestando assistenza anche agli ammalati di bassa condizione. “Egli visitava gl’infermi più da amico, che da medico. Procurava di osservare con attenzione la fisonomia dell’infermo, d’indagare…[…] prescrivea quei rimedi semplici de’ quali volea sperimentare il valore prima di mutarli o accrescerli, industriandosi di esilalar l’animo di chi pativa con piacevol discorso senza pompa, e con semplicità profferito”, come ricorda Villarosa (p. 300). La pratica terapeutica di Serao è molto semplice: basata su rimedi comuni, dettati dal buon senso, come l’aria salubre, attenzione all’alimentazione e al sonno; gli altri rimedi più specifici venivano decisi a seconda dei casi, ma sempre prediligendo l’osservazione generale e prolungata dell’ammalato.
Di particolare interesse l’attenzione posta da Serao alle epidemie, alle malattie sociali o dovute all’ambiente, attenzione che non è circoscritta ai contributi di John Pringle, di cui traduce l’opera, ma orienta la sua pratica medica durante l’epidemia del 1764. In quest’ultimo caso, avendo isolato i malati in ville in campagna riorganizzate come ospedali, osservando la mancanza dei sintomi e l’abbassarsi della febbre, Serao arriva alla conclusione che non si tratti di peste, ma di epidemia dovuta alle conseguenze della carestia.
E’ il primo a introdurre a Napoli le Institutiones di Herman Boerhaave di cui è entusiasta ed è anche il tramite per la diffusione delle opere di Giambattista Morgagni.
Impatto nel contesto italiano ed europeo ed eredità intellettuale
Medico di chiara fama, fa scuola a Napoli formando numerosi allievi come Domenico Cotugno e Nicola Giannelli; è tenuto in grande considerazione all’estero da studiosi che ne apprezzano l’opera ed è punto di riferimento per gli scienziati che arrivavano in città.
Formatosi sulla base della scienza sperimentale di Galilei, Borrelli e Bellini, studia Boerhaave diffondendolo tra i suoi allievi; dopo i classici greci e latini, legge i trattati contemporanei, aggiornandosi su Philosophical Transaction, sulle Mémoires de l’Académie Royale des Sciences, sulle riviste scientifiche tedesche e sugli atti dell’Accademia di san Pietroburgo.
Traduce in italiano l’opera di John Pringle, protomedico di Giorgio II d’Inghilterra e Presidente della Royal Society, Observations on the diseases of the Army del 1752 (Osservazioni sopra le malattie di armata in campagna e in guarigione, 1781), invitando i giovani studenti alla lettura di quest’opera, considerata altamente formativa, anche per la pratica medica, per “scrivere e compilare osservazioni medicinali”.
Il suo atteggiamento sperimentale e antidogmatico favorisce le buone relazioni con scienziati e medici di tutta Europa. Tanti i suoi corrispondenti, tra cui Morgagni, L.A. Muratori, F.M. Zanotti, Antonio Cocchi, Gerard van Swieten, John Pringle, Albrecht von Haller e molti altri.
Interviene, su richiesta di Galiani, in una questione internazionale sulla non contagiosità della peste, sostenuta in Francia da Chicoyneau, che era stato a capo della deputazione dei medici impiegati nella peste di Marsiglia del 1722. Serao pubblica così un lavoro (Lettera a Monsignor Antonio Leprotti Medico di Sua Santità Benedetto XIV, 1767) in cui dimostra invece, con lucide e dettagliate argomentazioni, la contagiosità del morbo, smontando le tesi del francese.
Le sue opere conoscono ampia diffusione non solo in Italia ma anche in Europa.
La sua celebre Istoria del Vesuvio viene tenuta in grande considerazione da tanti studiosi, tra cui William Hamilton, Lazzaro Spallanzani e l’abate Nollet.
Analogamente, la Descrizione della Tarantola è ben conosciuta e apprezzata nei circoli intellettuali stranieri; come evidenziato da Vicq D’Azir nei Éloges historiques (1805), al medico napoletano andava riconosciuto il merito di aver fatto conoscere l’origine e le vere cause del fenomeno, sgombrando il campo dalle false credenze. Questa sulla tarantola è difatti un’opera che conosce ampia circolazione e fortuna all’estero, e che influenza il pensiero biomedico europeo sul tarantismo, segnando una grande svolta scientifica. Lo scetticismo di Tommaso Cornelio, si trasforma con Serao in analisi scientifica e, nel giro di un ventennio, la letteratura sul tarantismo viene oscurata e spazzata via.
Notevole, dunque, il suo contributo alla questione: attraverso una revisione critica della letteratura scientifica prodotta fino ad allora, Serao fa vacillare il mito del tarantismo dovuto al veleno, intuendo l’origine suggestionale del fenomeno. Egli apre così la strada all’interpretazione del tarantismo come forma di suggestione e superstizione della cultura contadina pugliese (dimostrata poi da Francesco De Raho nel 1908 e poi successivamente approfondita dagli studi etnologici di Ernesto De Martino).
Bibliografia
Opere di Francesco Serao
- Istoria dell’incendio del Vesuvio, accaduto nel mese di Maggio dell’anno MDCCXXXVII, scritta per l’Accademia delle Scienze, Napoli, De Bonis, 1738
- Neapolitanae Scientiarum Academiae De Vesuvii conflagratione quae mense majo anno MDCCXXXVII accidit commentarius, Napoli, De Bonis, 1738
- Histoire du Mont Vésuve: avec l’explication des phenomenes qui ont coutume d’accompagner les embrasements de cette Montagne, trad. da Duperron de Castera, Paris, Huart, 1741
- The natural history of Mount Vesuvius: with the explanation of the various phenomena that usually attend the eruptions of this celebrated volcano, London, Cave, 1743
- Descrizione dell’elefante pervenuto in dono dal Gran Sultano alla regal corte di Napoli il primo novembre 1742, Napoli, Ricciardi, 17
- Della Tarantola o sia falangio di Puglia. Lezioni accademiche di Francesco Serao, Napoli, 1742
- Opuscoli di fisico argomento: Descrizione dell’elefante. Saggio di considerazioni anatomiche fatte su d’un leone. Osservazioni sopra un fenomeno occorso nell’aprire un cinghiale, Napoli, De Bonis, 1766
- Opuscoli di vario argomento di Francesco Serao, (contiene, tra gli altri: Lettera a Monsignor Antonio Leprotti Medico di Sua Santità Benedetto XIV; De suffocatis ad vitam revocandis, Vita Nicolai Cyrilli), Napoli, 1767
- Traduzione dell’opera di John Pringle, Osservazioni sopra le malattie di armata in campagna e in guarigione, Remondini, Bassano, 1781
Studi
- Antonio Borrelli, Lettere di Francesco Serao a Giambattista Morgagni, in «Giornale critico della filosofia italiana», fasc. II, maggio-agosto 1997, pp. 263-285
- Salvatore De Renzi, Storia della medicina in Italia, Napoli, Filiatre-Sebezio, 1848, vol. 5
- Carlo Antonio de Rosa marchese di Villarosa, Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del Regno di Napoli, Napoli, Fibreno, 1834
- Gino L. Di Mitri, Storia biomedica del tarantismo nel XVIII secolo, Firenze, Olschki, 2006
- Gino L. Di Mitri (a cura di), Francesco Serao, Della tarantola o sia Falangio di Puglia, Besa, 2007
- Corrado Dollo, Presenze meridionali nell’Accademia dell’Istituto di Bologna: Francesco Serao, Giuseppe Mosca, Andrea Gallo, in Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento, a cura di R. Cremante e W. Tega, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 233-253
- Tommaso Fasano, De vita, muniis et scriptis Francisci Serai, philosophi et medici neapolitani carissimi commentarius, Typographia Simoniana, Napoli, 1784
- Francesco Pascarella, Francesco Serao (1702-1783) e la rinascita degli studi medici nel Regno di Napoli, in «Rivista di Storia della Medicina», gennaio-luglio 1965, pp. 51-60
- Nicola Serao, Francesco Serao, in Biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli, Napoli, Gervasi, 1816
- Paola Zambelli, Un epigono degli Investiganti, amico e «supplente» del Vico: il medico Serao, in «Bollettino del Centro di Studi Vichiani», III, 1973, pp. 132-146
Nota Bene
Questo contributo rientra nelle linee di ricerca del PRIN 2017, The uncertain borders of nature. Wonders and miracles in early modern Kingdom of Naples (Cod. 2017EX5AC3).
ARTICLE WRITTEN BY ROSSELLA DE CEGLIE | STORIADELLACAMPANIA.IT © 2020
Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]
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